Ricerca e ripresa: è questa la relazione di causa effetto su cui poggia la maggior parte delle azioni del PNRR, con la tecnologia come vero motore della crescita economica.
Si registra infatti, per quanto riguarda la spesa per R&S in rapporto al PIL, in Italia un lieve incremento, dell’1,4%, dovuto anche al fatto che gli stanziamenti pubblici hanno smesso di ridursi. È migliorata anche la produzione di innovazioni tecnologiche generate dalle imprese: 4’600 brevetti italiani depositati nel 2020, ma comunque al di sotto di Germania e Francia.
Sono alcune delle evidenze emerse dalla terza edizione della “Relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia – Analisi e dati di politica della scienza e della tecnologia”, opera di un gruppo di lavoro di diversi Istituti del Consiglio Nazionale delle Ricerche: di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali (IRPPS), di Ricerca sulla Crescita Economica Sostenibile (IRCRES), per gli Studi sui Sistemi Regionali Federali e sulle Autonomie (ISSIRFA).
La Relazione avvia una riflessione sul ruolo attribuito alla R&S dalle misure straordinarie di sostegno alle economie degli Stati membri, promosse in Europa dai governi e dalla Commissione Europea in risposta alla crisi pandemica.
Complessivamente le risorse destinante alla ricerca e sviluppo previste nel PNRR ammontano a circa 17 miliardi di euro, circa il 7,5% complessivo delle risorse totali. La maggior parte di esse si focalizza su ricerca applicata e sviluppo sperimentale (circa 10 miliardi), ricerca di base (4 miliardi), azioni trasversali e di supporto (1,88 miliardi) e trasferimento tecnologico (380 milioni).
Il PNRR colloca la politica della ricerca all’interno di una più vasta trasformazione del sistema economico italiano, laddove prevede di integrare la spesa per ricerca pubblica in un più ampio contesto che include anche lo sviluppo sperimentale, il trasferimento tecnologico, la spesa privata in ricerca, innovazione e formazione. In questa logica la ricerca pubblica vuole attivare investimenti finalizzati alla creazione di ecosistemi dove le idee si possano trasformare in nuovi prodotti, processi e servizi: così si creeranno posti di lavoro ad elevato valore aggiunto agganciando i settori produttivi più dinamici nei mercati internazionali.
Gli attori pubblici della ricerca devono quindi assumere un ruolo centrale nel disegno definito nel PNRR in quanto operando sulla frontiera della scienza sono in grado di aprire nuove traiettorie tecnologiche.
Per quanto riguarda i Programmi Quadro europei, dalla survey emerge una distribuzione non uniforme della conoscenza nei diversi territori e un disallineamento tra centralità generate dai progetti e quelle originate dalle pubblicazioni scientifiche. Il nostro Paese contribuisce al bilancio per la ricerca comunitaria con il 12,5%, ma i finanziamenti che ritornano sono pari a solo l’8,7%. Ciò dipende anche dal fatto che i ricercatori in Italia sono in numero inferiore rispetto ai nostri partner. Si conferma la debolezza del nostro Paese anche in merito al coordinamento di progetti europei finanziati da Horizon 2020, con un tasso di successo pari all’8,6%, sensibilmente più basso rispetto a Germania, Regno Unito, Francia e Paesi Bassi e Belgio (tra il 14 e il 15%). Dall’osservazione della geografia del sistema di ricerca e innovazione italiano emergono alcuni suggerimenti per il decisore politico, che vanno oltre la fondamentale necessità di aumentare le risorse a disposizione del settore pubblico di ricerca, nonché di attivare specifiche misure per favorire la mobilità internazionale dei dottorandi e dei ricercatori post-dottorali. Tali bisogni trovano in parte risposta nelle previsioni del PNRR.
In particolare, l’analisi suggerisce la messa a punto di un portafoglio nazionale di strumenti di finanziamento competitivo per ricerca e innovazione destinato a creare strade alternative per ricerca libera o su temi strategici in collaborazione con le imprese, che tenga conto anche delle differenze territoriali. Seguire una roadmap di questo tipo significa avere interventi di policy combinati e coerenti rispetto al raggiungimento di specifici obiettivi di sviluppo, che consentano la partecipazione di più soggetti pubblici e privati e che siano tagliati per la creazione di ecosistemi di ricerca e innovazione anche in aree più marginali.
Il Ministero dello sviluppo economico finanzia 16 borse di studio per la prima edizione del Master sulla proprietà industriale e il trasferimento tecnologico, realizzato in collaborazione tra l’Uibm e Netval (Network tra Università per la valorizzazione della ricerca), con l’obiettivo di promuovere la cultura della proprietà industriale nel nostro Paese. «È prioritario sviluppare un percorso formativo che sia in grado di fornire conoscenze e competenze per valorizzare e proteggere la creatività italiana attraverso una sinergica collaborazione tra il mondo universitario e quello delle imprese», dichiara il ministro Giancarlo Giorgetti.
Fonti:
· Industriaitaliana.it
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